giovedì 29 agosto 2013

Il peso della solitudine altrui.

Il peso della solitudine altrui.




La solitudine. Credevo che non si potesse raccontare attraverso la storia di un uomo di cui non si conosce direttamente nulla, una storia che precipita in poco tempo. Non conosco il nome di quest’uomo, lo chiamerò Bruno per dargli una connotazione, un anziano di circa settant'anni che fino a poco tempo fa si godeva in compagnia gli anni di riposo, quelli che seguono una vita di lavoro e sacrificio. La prima volta che l’ho visto era circa un anno fa. Era felice, con un sorriso stampato sul volto che mostrava quanto fosse soddisfatto del modo di vivere la terza età. Bruno veniva in pizzeria a settimane alterne, seguito da un amico e due allegre signore che li tenevano compagnia. Le due donne dell’est Europa, probabilmente dell’Ucraina dato il forte accento con cui cercavano di parlare in italiano, sembravano serene al fianco dei due uomini, che ipotizzo le abbiano accolte in casa loro e siano diventate le loro compagne dopo la morte delle rispettive mogli. Supposizioni che nascevano da una mia analisi esterna della situazione che poi in seguito si sono rivelate vere.  Il quadro che mi si presentava davanti ogni volta che arrivavano per mangiare in compagnia una pizza e ridere com'è solito degli adolescenti che cercano di far colpo sull'altra persona, era la rappresentazione perfetta di quattro esistenze che avevano raggiunto la loro stabilità e che in fondo non importava sapere cosa gli riservava il domani. Loro vivevano il presente tra una pizza, un bicchiere di birra ghiacciata e una carezza sul volto solcato dagli anni e dalle tante sofferenze inflitte dal passato. Avevano una vita felice. Avevano. Pochi mesi fa, dopo aver visto sempre tutti e quattro varcare la soglia della sala della pizzeria, arrivarono solo in tre. Bruno e le due bionde signore, senza l’amico di sempre, si sedettero e ordinarono un pasto frugale, nessuna birra e solo dell’acqua come per mandare giù una brutta notizia. I loro volti non erano sereni come sempre, si percepiva che il gruppo aveva perso un elemento e che la sintonia che erano riusciti a ricreare tutti e quattro si stava lentamente dissolvendo. Non chiesi cosa fosse successo all'amico di Bruno, ma potevo immaginarlo. Quando una persona vive gli ultimi anni della sua vita, non tende a lasciare chi gli è accanto, capita sempre il contrario.E' la vita che lo strappa a chi gli è accanto. Non ne avevo la certezza perché non mi furono pronunciate le parole, “è morto”, ma sapevo che il corso delle cose aveva portato verso quest’evento. Dopo quella volta non vidi Bruno per un po’ di mesi. Fino a ieri. E’ entrato da solo e si è accomodato ad un tavolo posto in disparte rispetto agli altri, per ricrearsi il suo angolo, per cenare in compagnia dei ricordi. Del volto sorridente che avevo conosciuto circa un anno prima, non ne era rimasta nessuna traccia. Lo spirito giovane che sembrava dibattersi in quel corpo era sepolto da tante nuove perdite. Come sempre chiesi a Bruno, cosa prendesse mentre consultava ancora il menù. Aveva il capo chino come per raccogliere i pensieri e formulare una frase che racchiudesse in poche parole quello che provava. Non gli avevo chiesto nulla in merito alla sua situazione ma Bruno sapeva che avevo notato i cambiamenti avvenuti intorno a lui. Il ritrovarsi in pizzeria si era trasformato da una felice compagnia d’amanti e amici in una cena per non essere da solo di fronte ad una fredda televisione e nessuno sguardo umano. << Hai visto come cambiano in fretta le vite?>>. Disse Bruno guardandomi fisso negli occhi per far arrivare alla mia anima il suo messaggio. <<Pochi mesi fa ho perso un amico fraterno, ci conoscevamo da cinquant'anni e siamo sempre stati vicini l’uno all'altro  Quando è morta mia moglie, ogni mattina bussava alla mia porta, mi faceva vestire e mi offriva la colazione. Cosi tra un caffè e una passeggiata avevo assorbito la mia perdita senza troppo dolore>>. Bruno fece una pausa per raccontare cosa era successo invece all'amico e sorseggiò l’acqua che mi aveva chiesto poco prima. << Qualcuno lassù ha voluto che ricambiassi il favore, e dopo due mesi anche sua moglie se ne andò a causa di un ictus celebrale. Eravamo soli ma insieme, cosi vivevamo la nostra pensione in modo ripetitivo e monotono. Poi passeggiando nel parco abbiamo conosciuto le due signore che hai visto anche tu qui in pizzeria. Avevano una storia come la nostra, avevano perso i mariti in giovane età e avevano deciso di venire in Italia per guadagnare qualcosa, e ci riuscivano veramente bene facendo quei lavori come le pulizie di casa che nessuno vuole fare più. Ci siamo conosciuti e ci siamo subito innamorati, e siamo stati bene per più di due anni>>. Ecco, sapevo che stava per arrivare l’altro evento tragico che cambiava nuovamente lo status quo. Avevo fretta poiché gli altri clienti reclamavano di essere serviti, ma ero immerso nella storia, sapevo com'era finita, ma sentire il racconto dal diretto interessato aveva una vena malinconica che non avrei potuto ricreare tra le mie supposizioni. <<E poi a rompere la nostra felicità ci ha pensato la morte quando si è venuto a prendere Marco, il mio amico. Mi sono sentito terribilmente solo, e poi le nostre due compagne hanno deciso di tornare in Ucraina nel loro paese, non riuscivano a sopportare di vedermi in preda alla tristezza. In realtà avevano racimolato i soldi, lavorando, che servivano per il loro futuro e decisero di tornare a casa>>. Gli si riempirono gli occhi di lacrime ed esclamò sconfitto << e adesso sono solo, senza figli e senza nessuno>>. Non sapevo cosa dire cosi gli poggiai semplicemente una mano sulla spalla dicendogli di farsi forza. Continuai a lavorare con un peso nell'anima, il peso della solitudine altrui, che può colpirti in qualsiasi momento, e quando lo fa penetra lentamente dentro di te lasciando tracce visibili in ogni aspetto della tua persona. 

Luigi Formola

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