Guten Morgen,
Giulia.
Lo
ripeteva ogni mattina guardandosi allo specchio, per migliorare la sua
pronuncia. Le parole non erano taglienti e disarmoniche. Le era stato
raccontato di un mondo freddo, antitetico alle calde terre del sud dell’Italia.
Auf Wiedersehen, Pulcinella.
Giulia
percepiva una lingua dolce e romantica. Ich
liebe dich sussurrava all’orecchio di suo marito. Goffamente ridevano
entrambi, sapevano quanto fosse difficile parlare il tedesco senza errori.
L’odore
di Napoli che emanava la Moka si espandeva per tutta Main Strauss. Giulia si affrettava a chiudere la finestra della
cucina per trattenere tra le mura quel sapore di tazzulell’ e cafè.
Giulia
sorrise. Suo marito aggiunse dell’anice al caffè. Per combattere il freddo, si
giustificò lui. E Giulia annuì.
Questo non è il paese del
sole. Bisognava riscaldarsi in qualche modo.
E
un’ora per fare l’amore di mattina non era retribuita. Il lavoro invece era ben
pagato. Era prioritario su qualsiasi velleità personale.
Sciarpa,
cappello e guanti, i migliori amici contro il freddo. Insieme all’anice.
Guten Tag mein lieber
Giulia.
La
fermata del tram era discretamente affollata. Giulia diede un bacio a suo marito e
s’incamminò verso il centro.
Francoforte
aveva la sua dose di sorrisi amichevoli. Era sufficiente per affrontare al
meglio un’intensa giornata lavorativa.
Il
sale faceva il suo dovere, scioglieva il ghiaccio, liberando i pedoni più
distratti dall’ansia di capitomboli. Le vetrine erano affascinanti, addobbate
con capi d’abbigliamento e utensili mai visti prima d’ora.
Giulia
sorrise nuovamente. Il cinema all’angolo di Dohm
Strauss aveva in programmazione Il
padrino – Parte II. Suo marito, adorava Marlon Brando e a Napoli, non si
parlava d’altro.
Andare
al cinema era un piccolo lusso, forse aveva trovato il regalo adatto per
Natale. Baciamo le mani, avrebbe
detto suo marito con tono da Corleone. E Giulia l’avrebbe interpretato come un sentito
ringraziamento.
Avrebbe
voluto trascorrere i candidi giorni natalizi con la sola compagnia del suo
uomo. Una retribuzione d’amore senza prezzo localizzata nelle loro mura
domestiche.
Giulia
aveva accettato l’invito dei Cusano per la cena della Vigilia di Natale. Nel
silenzio bisbigliato delle famiglie tedesche, si distingueva il tono da Opera dei pupi della famiglia siciliana
che abitava anch’essa in Main Strauss.
L’unione
scacciava la nostalgia, e i sapori delle festività non potevano essere trascurati.
Napoli
o Palermo non aveva importanza. Siamo
tutti paisà.
Gute Arbeit Giulia.
La
neve aveva ricoperto tutta la banchina del fiume, era un sentiero delineato dai
passi dei bambini che scendevano in strada per provare slittini e pattini
portati in regalo da Nikkolaus poche
settimane prima.
Giulia
era giunta al SeeLord Club.
Sapeva
che le sarebbe toccato lavorare il doppio delle ore per far scintillare quel
club galleggiante. La sera precedente, un imprenditore di Offenbach aveva riservato l’intero locale per una festa speciale. Prost!
Il
Main era già vitreo, sulla superficie
una spessa lastra di ghiaccio rifletteva i deboli raggi del sole che filtravano
attraverso la coltre di nubi dicembrine.
Un
sottile fumo nero si disperdeva verso il cielo, il fumaiolo indicava che il
battello era pronto. Il SeeLord Club
era ufficialmente aperto.
Cristallizzato
in un mare di ghiaccio, forniva la sottile illusione che danzare in una balera inebriata dall’odore di senape
era l’unica ragione per evadere dalla quotidianità.
Era
tutto diverso, per Giulia.
Spolverava
la pista da ballo e ripuliva i banconi da innumerevoli residui di bevande che
si univano come in un collage di storie non vissute.
Una
distesa infinita di differenti bottiglie di liquori era la linea di confine tra
la realtà e un desiderio che riviveva ogni mattina. Tra una sigaretta spenta e
uno snaps di Jagermeister, sognava. Lei,
suo marito, il SeeLord completamente
vuoto e un allemande che procedeva al
ritmo dei loro piedi scoordinati.
Un
sogno, aufwachen Giulia!
Un
colpo di tosse, e i pensieri di una danza con il suo uomo volarono lontano nel
cielo, insieme al fumo del battello.
Era
Mr. Fischer, il proprietario del SeeLord.
Le
parole che accompagnavano il suo sguardo sembravano punitive.
I
suoi folti baffi biondi impedivano d’interpretare correttamente l’espressione
delle sue labbra.
Giulia
rispose al suo datore di lavoro.
Guten Morgen, Mr.
Fischer. Impeccabile! La pronuncia era perfetta. Bisognava passare
a nuove frasi da ripetere la mattina allo specchio.
Riprese
a lucidare gli sgabelli che costeggiavano il lungo bancone adiacente alla
pista.
Mr.
Fischer la condusse in un’altra sala.
Giulia
non capiva. Nessuno degli altri dipendenti era a lavoro.
Si
preoccupò. Mr. Fischer sorrise, e i baffi non crearono malintesi.
Lacrime
di gioia rigarono il volto di Giulia. Nella sala delle cerimonie si festeggiava
il Natale, con qualche giorno d’anticipo. Tutti i dipendenti sedevano a un
posto prestabilito. Giulia intravide il suo nome su un segnaposto, si sedette.
Un piatto decorato con alberelli di Natale e un ramo di pino nascondeva il vero
regalo di Mr. Fischer. La paga natalizia. Trecento marchi.
L’uomo
aveva una tradizione da rispettare: essere a servizio dei suoi dipendenti per
un pasto durante le festività.
Giulia
sognava, e osò chiedere. Mr. Fischer annuì. Il SeeLord era a sua completa disposizione per un’ora.
Un
ballo d’amore, un film che riecheggiava la patria lontana e una cena in
compagnia.
Non
si era mai sentita al caldo come quel Natale. Frohe Weihnachten, Giulia.
LUIGI FORMOLA