Il peso della solitudine altrui.
La solitudine. Credevo che non si potesse raccontare
attraverso la storia di un uomo di cui non si conosce direttamente nulla, una
storia che precipita in poco tempo. Non conosco il nome di quest’uomo, lo chiamerò
Bruno per dargli una connotazione, un anziano di circa settant'anni che fino a
poco tempo fa si godeva in compagnia gli anni di riposo, quelli che seguono una
vita di lavoro e sacrificio. La prima volta che l’ho visto era circa un anno
fa. Era felice, con un sorriso stampato sul volto che mostrava quanto fosse
soddisfatto del modo di vivere la terza età. Bruno veniva in pizzeria a
settimane alterne, seguito da un amico e due allegre signore che li tenevano
compagnia. Le due donne dell’est Europa, probabilmente dell’Ucraina dato il
forte accento con cui cercavano di parlare in italiano, sembravano serene al
fianco dei due uomini, che ipotizzo le abbiano accolte in casa loro e siano
diventate le loro compagne dopo la morte delle rispettive mogli. Supposizioni
che nascevano da una mia analisi esterna della situazione che poi in seguito si
sono rivelate vere. Il quadro che mi si
presentava davanti ogni volta che arrivavano per mangiare in compagnia una
pizza e ridere com'è solito degli adolescenti che cercano di far colpo sull'altra persona, era la rappresentazione perfetta di quattro esistenze che avevano
raggiunto la loro stabilità e che in fondo non importava sapere cosa gli
riservava il domani. Loro vivevano il presente tra una pizza, un bicchiere di
birra ghiacciata e una carezza sul volto solcato dagli anni e dalle tante
sofferenze inflitte dal passato. Avevano una vita felice. Avevano. Pochi mesi
fa, dopo aver visto sempre tutti e quattro varcare la soglia della sala della
pizzeria, arrivarono solo in tre. Bruno e le due bionde signore, senza l’amico
di sempre, si sedettero e ordinarono un pasto frugale, nessuna birra e solo
dell’acqua come per mandare giù una brutta notizia. I loro volti non erano
sereni come sempre, si percepiva che il gruppo aveva perso un elemento e che la
sintonia che erano riusciti a ricreare tutti e quattro si stava lentamente
dissolvendo. Non chiesi cosa fosse successo all'amico di Bruno, ma potevo
immaginarlo. Quando una persona vive gli ultimi anni della sua vita, non tende
a lasciare chi gli è accanto, capita sempre il contrario.E' la vita che lo strappa a chi gli è accanto. Non ne avevo la certezza perché non mi furono
pronunciate le parole, “è morto”, ma sapevo che il corso delle cose aveva
portato verso quest’evento. Dopo quella volta non vidi Bruno per un po’ di
mesi. Fino a ieri. E’ entrato da solo e si è accomodato ad un tavolo posto in
disparte rispetto agli altri, per ricrearsi il suo angolo, per cenare in
compagnia dei ricordi. Del volto sorridente che avevo conosciuto circa un anno prima,
non ne era rimasta nessuna traccia. Lo spirito giovane che sembrava dibattersi
in quel corpo era sepolto da tante nuove perdite. Come sempre chiesi a Bruno, cosa
prendesse mentre consultava ancora il menù. Aveva il capo chino come per
raccogliere i pensieri e formulare una frase che racchiudesse in poche parole
quello che provava. Non gli avevo chiesto nulla in merito alla sua situazione
ma Bruno sapeva che avevo notato i cambiamenti avvenuti intorno a lui. Il
ritrovarsi in pizzeria si era trasformato da una felice compagnia d’amanti e
amici in una cena per non essere da solo di fronte ad una fredda televisione e
nessuno sguardo umano. << Hai visto come cambiano in fretta le
vite?>>. Disse Bruno guardandomi fisso negli occhi per far arrivare alla
mia anima il suo messaggio. <<Pochi mesi fa ho perso un amico fraterno, ci
conoscevamo da cinquant'anni e siamo sempre stati vicini l’uno all'altro
Quando è morta mia moglie, ogni mattina bussava alla mia porta, mi faceva
vestire e mi offriva la colazione. Cosi tra un caffè e una passeggiata avevo
assorbito la mia perdita senza troppo dolore>>. Bruno fece una pausa per
raccontare cosa era successo invece all'amico e sorseggiò l’acqua che mi aveva
chiesto poco prima. << Qualcuno lassù ha voluto che ricambiassi il
favore, e dopo due mesi anche sua moglie se ne andò a causa di un ictus
celebrale. Eravamo soli ma insieme, cosi vivevamo la nostra pensione in modo
ripetitivo e monotono. Poi passeggiando nel parco abbiamo conosciuto le due
signore che hai visto anche tu qui in pizzeria. Avevano una storia come la
nostra, avevano perso i mariti in giovane età e avevano deciso di venire in
Italia per guadagnare qualcosa, e ci riuscivano veramente bene facendo quei
lavori come le pulizie di casa che nessuno vuole fare più. Ci siamo conosciuti
e ci siamo subito innamorati, e siamo stati bene per più di due anni>>.
Ecco, sapevo che stava per arrivare l’altro evento tragico che cambiava
nuovamente lo status quo. Avevo fretta poiché gli altri clienti reclamavano di
essere serviti, ma ero immerso nella storia, sapevo com'era finita, ma sentire
il racconto dal diretto interessato aveva una vena malinconica che non avrei
potuto ricreare tra le mie supposizioni. <<E poi a rompere la nostra
felicità ci ha pensato la morte quando si è venuto a prendere Marco, il mio
amico. Mi sono sentito terribilmente solo, e poi le nostre due compagne hanno
deciso di tornare in Ucraina nel loro paese, non riuscivano a sopportare di
vedermi in preda alla tristezza. In realtà avevano racimolato i soldi, lavorando,
che servivano per il loro futuro e decisero di tornare a casa>>. Gli si
riempirono gli occhi di lacrime ed esclamò sconfitto << e adesso sono
solo, senza figli e senza nessuno>>. Non sapevo cosa dire cosi gli
poggiai semplicemente una mano sulla spalla dicendogli di farsi forza.
Continuai a lavorare con un peso nell'anima, il peso della solitudine altrui, che
può colpirti in qualsiasi momento, e quando lo fa penetra lentamente dentro di
te lasciando tracce visibili in ogni aspetto della tua persona.
Luigi Formola