martedì 9 dicembre 2014

AUSGANG.



Amy è innamorata di Dereck.
Lo guarda con occhi diversi, gli altri non possono comprendere il suo splendore.
Amy è seduta a un tavolo, fissa il suo uomo mentre le prepara il pranzo.
“Che fortunata che sono” pensa Amy.
Dereck si volta, è cupo in volto. Ha visibilmente il doppio degli anni di Amy.
Sbatte il piatto sul tavolo.
Amy sorride, pensa che il suo omone oggi sia nervoso.
Prende una forchetta è mangia.
“Potresti tagliare la carne per me?” chiede Amy. E’ difficile qualsiasi attività con una sola mano a disposizione.
Dereck svogliatamente taglia a grossi pezzi il piatto che ha preparato.
Sul tavolo un giornale.
“parlano ancora di me dopo tutti questi anni?” chiede Amy incuriosita.
Dereck annuisce.
Amy mangia in silenzio. Capisce che non è giornata.
“vorrei riposare”, Amy sa cosa significa questa richiesta.
Dereck prende una chiave e sblocca le manette con cui aveva legato Amy al tavolo, l’accompagna al letto e l’ammanetta alla spalliera.
“Dereck… sono felice che parlano ancora di me, significa che hai fatto un buon lavoro.” Amy chiude gli occhi e dorme.

Dereck esce dal bunker sotteraneo, ed è pronto ad entrare in azione. E’ orario di scuola, di nuova carne. Amy ormai è troppo sentimentale. 


LUIGI FORMOLA

lunedì 1 dicembre 2014

Voce del verbo sarò.



E' l'alba, e la sveglia sta per suonare.
Mi sveglio puntualmente come ogni mattina pochi minuti prima che inizi a suonare, ricordandomi che un'altra giornata sta per iniziare.
E' l'alba e voglio che lei accanto a me riposi ancora un pò, per questo mi anticipo e rubo pochi minuti di sonno alla mia notte per non svegliarla.
E' l'alba e il caffè già è pronto li sul fuoco.
Mi concedo questi pochi minuti guardando la strada ancora vuota e quel velo di tristezza cerca di pervadermi.
Allora giacca e cravatta pronte a rappresentarmi, un bacio veloce al mio piccolo angelo e vado via, pronto a questa giornata uguale a ieri, e l'altro ieri ancora.

Con una borsa in mano e uno status che serve per darmi tono cammino tra le strade della città, fingendo che tutte le vite che mi passano accanto non producano nessun effetto.
E' da poco passata l'alba e incontro solo volti di chi come me ha accettato questa situazione come un accordo tacito con la vita.
Nessun sorriso. Non intravedo grandi speranze, solo volti rassegnati ad affrontare ciò che sono diventati e che magari non avrebbero mai voluto. Incontro solo un ragazzo, che ha uno strano bagliore negli occhi.
Intravedo la fede. La fede nella vita. Probabilmente è ad una delle sue prime uscite nella fattispecie dei vampiri d'ufficio che abbandonano le proprie case quando il sole sta per sorgere.
Probabilmente non sa cosa gli aspetta, ipotizza milioni di strategie per poter dare il meglio di se. Forse lui ci riuscirà! Pone al primo posto la voce del verbo sarò. Mentre io già sono.

Ho sempre odiato l'odore dei mezzi pubblici. Ho la sensazione che tutto il tono che mi sono dato, anche solo con la camicia giusta, a contatto con questo tanfo, rovini ogni sforzo.

Sono quasi arrivato ed inizio a riprendere i miei pensieri dove li avevo lasciati alle 17.00 del giorno precedente. Oggi ci saranno i nuovi arrivati, il futuro.
Quando sono arrivato anch'io ero il futuro, e guardavo la vetta di questo edificio che ormai è la mia seconda casa come se fosse questo il futuro.
Indosso la mia maschera, un respriro profondo e m'immergo in queste porte scorrevoli di vetro che mi ricordano che in fin dei conti sono un numero. Un numero che in fin dei conti deve far quadrare i conti.
Sorrisi e strette di mano anche a chi proprio non conosco al di la del nome.
Strette di mano anche a chi non m'interessa conoscere una singola briciola della sua vita.
E strette di mano anche a chi mi ha rubato quella promozione ed oggi decide cosa sia giusto che io faccia oppure no.

Tutti in postazione per sentire quello che ho da dire. Il futuro vuole ascoltare le mie parole d'accoglienza. Eppure per me sembra già passato. E' la quarta volta che quest'anno ripeto questo discorso di rito che è trio e ritrito. Ci sono tutti: quello che annuisce ad ogni singola cagata che dico, la ragazza che accavalla le gambe per farmi cedere ad uno sguardo, il prima della classe, e quello che già si capisce che vuole fare la rivoluzione. Si piegherà. Come tutti.

Una pausa caffè, per riprendermi prima di tornare dai miei discepoli. Passa il mio vicino di scrivania e con una pacca sulla spalla asserisce che oggi sono stato più convincente del solito.
Di riflesso mi giro e mi specchio in quella porta per capire dalla mia espressione se quelle parole fossero vere o sono state dette solo per compiacermi. Gli occhi sono già rossi e allora capisco che il resto della giornata sarà una lotta.

Alle spalle tutta la giornata, congelo tutti i pensieri pronti ad essere ripresi alle 8.00 del giorno successivo.
Lungo la strada ci sono tanti ragazzini che sembrano proprio non sapere come impegnare il proprio tempo.
Poi assaporo il profumo di pensieri che mi hanno forgiato l'anima. Come se seguissi una scia riconosco quelle personalità che sono intramontabili.
Passano gli anni ma chi vive per quella passione ha un qualcosa di riconoscibile che ti rende come marchiato a fuoco.
Incuriosito passo di proposito davanti a loro che sono seduti su una panchina a discutere chissà di quale conquista del mondo.
"Dobbiamo trovare un bassista se vogliamo fare qualcosa. I bassisti sono sempre difficili da trovare". Ascolto, cammino, socchiudo gli occhi e sorrido.
Passano gli anni, ma i problemi dei ragazzi non mutano, e neanche la carenza di bassisti.

Sono a casa. Allento già per le scale la cravatta.
Sono a casa. È vuota. I miei angeli non mi aspettano oggi. E dopo una giornata di vuoto misto a pratiche mi precipito sotto la doccia. Faccio scivolare tutti i pensieri pesanti e lascio su di me solo quelli semplici, che mi permettono di trascorrere una serata serena.
Mentre asciugo quei pochi capelli che hanno resistito alla forza di gravità ripenso ad un mio vecchio amico.
E da un po che non lo sento. Una birra in compagnia sarebbe l'ideale stasera.
Pochi minuti dopo squilla il telefono. Magari telepaticamente questo mio amico ha avuto la mia stessa idea.
Rispondo ed è mia madre. Cerco di convincerla che va tutto bene. Che presto, impegni permettendo, saremo a casa per qualche giorno.
Mi informa su questioni di famiglia e come sempre si dilunga nei minimi dettagli. Fingo che ho fretta e mandandole un bacio a lei e papà, la saluto.

Ho nostalgia dei vecchi tempi e mi fiondo al computer. Ricevo la richiesta di amicizia su FaceBook da mio nipote. Pensare che alla sua nascita questo Social Network aveva già un anno di vita. Che stranezza.
Ho nostalgia dei vecchi tempi e apro YouTube per vedere un pò di me.
Le chiavi nella serratura mi riportano ad oggi, e il mio piccolo angelo, contento come sempre, grida come se non mi vedesse da anni. "Papà oggi la maestra ha detto che sono il bimbo più bravo".
 Non sono severo con lui come lo sono con me stesso, e non gli dico che non si è mai bravi abbastanza nella vita, ma gli scompiglio i capelli in un gesto di approvazione. Voglio essere importante per lui, voglio insegnargli tutto ciò che ho imparato in 35 anni di vita.

Lei invece sembra stanca e triste oggi.
Mentre il mio piccolo angelo si dedica ad imitare Picasso, ne approfitto per chiederle cosa succede, perché il suo sguardo è maledettamente triste. Ed io odio quando non riesco a strapparle un sorriso.
E' stanca. E' stanca di dover fare sacrifici, di aver rinunciato a tutto per seguire me, di aver messo l'amore prima di ogni altra realizzazione personale. Come sempre sospiro e non so cosa risponderle. Passerà.Tutto passerà.
Le do un bacio e sviando l'argomento che rovinerebbe la mia serata di totale relax, torno dove ero rimasto.
Rimetto Play ed il mio piccolo angelo incuriosito da quella musica si avvicina e vuole dimostrarmi che sta imparando a leggere.
Sforzandosi e sillabando pian piano pronuncia "se, senza, fi, ne, fine. Senza Fine". Mi chiede chi sono quei ragazzi che stanno suonando. Non rispondo, mi farebbe troppo male.

E' pronto in tavola, l'allegra famiglia si riunisce.

LUIGI FORMOLA