venerdì 18 ottobre 2013

On Air! Cronaca di un debutto radiofonico. (PARTE II)

Non ci fu alcun bisogno di ricercare la frequenza, era già tutto pronto per l’ascolto della frizzante voce di Viviana. Sapevo che in quella fascia oraria c’era sempre lei a Dimensione Suono Roma. Il suo modo di affrontare la diretta mi aveva sempre divertito, sentivo che era se stessa, che non impostava un tono di voce per crearsi un personaggio. Ascoltai pochi minuti e dopo poco mi strappò un sorriso per aver raccontato una di quelle classiche storie vere che hanno del paradossale, cui non vuoi credere, ma sei consapevole che possono accadere. Neanche lei poteva crederci e ne parlò più volte tra un brano musicale e un altro. Improvvisamente mi ricordai che in poche ore, mi sarei trovato in una situazione speculare in cui all'ascolto ci sarebbe potuto essere un altro come me, che sognava il mondo della radio e si rivedeva nelle parole, nel tono di voce, addirittura nelle pause dello speaker di turno. Sentii uno spiffero freddo entrare nella camera, non sapevo se era dovuto al pensiero appena passato o ad altro. Sobbalzai, mia madre mi posò la mano sulla spalla per destarmi dall'ascolto radiofonico. Totalmente immerso nel mondo delle parole via etere, non mi accorsi che fosse entrata, cosi reagii urlando avendo i nervi tesi.  Mi fissò come se fossi un alieno, poi comprese quello che era successo nei momenti precedenti al suo arrivo in camera e sorrise quasi con compassione, quasi come per rassicurarmi senza dire nemmeno parola. Subito dopo m’incitò a non urlare e di abbassare la voce poiché papà dormiva ancora. <<Lorenzo, che ci fai sveglio?>> mi fissò e aggiunse <<per di più ad ascoltare la radio, dovresti riposare>> e infine con il suo tono ironico che avevo ereditato anch'io  ma che in quegli istanti non mi apparteneva, mi punzecchiò e disse << stai controllando che Dimensione Suono Roma non scappi via? Tranquillo che aspettano solo te>>. Non ero più un ragazzino da molto tempo, ma anche a ventiquattro anni le parole di mia madre riuscivano sempre a tranquillizzarmi e sapevo che la giornata poteva solo migliorare. Le preoccupazioni mi avevano accompagnato nella notte, ma terminato il buio volevo dentro di me soltanto una dose massiccia di adrenalina per partire con uno sprint che non avrei dimenticato né io, né i miei colleghi e soprattutto gli ascoltatori.  Pronto a iniziare questa giornata storica le chiesi di prepararmi un caffè in doppia dose per destarmi e far sparire il sonno accumulato nelle ultime notti. Mia madre capì al volo che ero nuovamente positivo, cosi come sono soliti conoscermi tutti e si diresse in cucina, e dopo pochi minuti l’intero appartamento era pervaso di quell’odore che è sinonimo d’inizio giornata. Per me significava anche un nuovo lavoro, una vita diversa, quella che avevo sognato sin dai banchi del liceo. Il professore d’italiano era stato uno dei primi, anni addietro, a scoprire la mia capacità di saper reggere un discorso con tono di voce sicuro e, come lui stesso era solito dire, radiofonico. <<Lorenzo, tu non hai bisogno di studiare, perché sai sempre come cavartela e girarci intorno senza mai cogliere il centro dell’argomento. Almeno una volta rendimi felice, non imbastire il tuo spettacolo e semplicemente sfoglia i libri>>. Ovviamente non ascoltai mai i consigli del povero professore e all'esame di maturità riuscii ad ottenere come voto Settanta, probabilmente solo grazie al mio parlare e straparlare. Il consiglio fornitomi negli anni del liceo fu il primo di una lunga serie; durante i corsi all'università  soprattutto quelli della triennale, mi è stato ripetuto questo discorsetto diverse volte. Diventavo sempre più bravo mettendomi costantemente alla prova, ed ecco dove ero giunto. La doccia e il caffè preparato da mia madre mi avevano totalmente risvegliato. Ero pronto. La direzione che avevo sempre seguito per tanti anni adesso era la mia strada. Durante le visite precedenti alla sede della radio, per pianificare i dettagli della scaletta e per stabilire quale linea adottare per far si che fosse un programma seguito da molti, mi ero sempre sentito come Alice nel paese delle meraviglie. Tutto mi sembrava magico e quasi irreale, anche un semplice microfono che avevo visto e usato tante volte diventava un oggetto proveniente da un altro mondo. Questa volta era diverso, poiché si andava in scena. 


Luigi Formola

Nessun commento:

Posta un commento