Non ci fu alcun bisogno di ricercare la
frequenza, era già tutto pronto per l’ascolto della frizzante voce di Viviana.
Sapevo che in quella fascia oraria c’era sempre lei a Dimensione Suono Roma. Il
suo modo di affrontare la diretta mi aveva sempre divertito, sentivo che era se
stessa, che non impostava un tono di voce per crearsi un personaggio. Ascoltai
pochi minuti e dopo poco mi strappò un sorriso per aver raccontato una di
quelle classiche storie vere che hanno del paradossale, cui non vuoi credere,
ma sei consapevole che possono accadere. Neanche lei poteva crederci e ne parlò
più volte tra un brano musicale e un altro. Improvvisamente mi ricordai che in
poche ore, mi sarei trovato in una situazione speculare in cui all'ascolto ci
sarebbe potuto essere un altro come me, che sognava il mondo della radio e si
rivedeva nelle parole, nel tono di voce, addirittura nelle pause dello speaker
di turno. Sentii uno spiffero freddo entrare nella camera, non sapevo se era
dovuto al pensiero appena passato o ad altro. Sobbalzai, mia madre mi posò la
mano sulla spalla per destarmi dall'ascolto radiofonico. Totalmente immerso nel
mondo delle parole via etere, non mi accorsi che fosse entrata, cosi
reagii urlando avendo i nervi tesi. Mi
fissò come se fossi un alieno, poi comprese quello che era successo nei momenti
precedenti al suo arrivo in camera e sorrise quasi con compassione, quasi come
per rassicurarmi senza dire nemmeno parola. Subito dopo m’incitò a non urlare e
di abbassare la voce poiché papà dormiva ancora. <<Lorenzo, che ci fai
sveglio?>> mi fissò e aggiunse <<per di più ad ascoltare la radio,
dovresti riposare>> e infine con il suo tono ironico che avevo ereditato anch'io ma che in quegli istanti non mi apparteneva, mi punzecchiò e disse
<< stai controllando che Dimensione Suono Roma non scappi via? Tranquillo
che aspettano solo te>>. Non ero più un ragazzino da molto tempo, ma
anche a ventiquattro anni le parole di mia madre riuscivano sempre a
tranquillizzarmi e sapevo che la giornata poteva solo migliorare. Le
preoccupazioni mi avevano accompagnato nella notte, ma terminato il buio volevo
dentro di me soltanto una dose massiccia di adrenalina per partire con uno
sprint che non avrei dimenticato né io, né i miei colleghi e soprattutto gli
ascoltatori. Pronto a iniziare questa
giornata storica le chiesi di prepararmi un caffè in doppia dose per destarmi e
far sparire il sonno accumulato nelle ultime notti. Mia madre capì al volo che
ero nuovamente positivo, cosi come sono soliti conoscermi tutti e si diresse in
cucina, e dopo pochi minuti l’intero appartamento era pervaso di quell’odore
che è sinonimo d’inizio giornata. Per me significava anche un nuovo lavoro, una
vita diversa, quella che avevo sognato sin dai banchi del liceo. Il professore
d’italiano era stato uno dei primi, anni addietro, a scoprire la mia capacità
di saper reggere un discorso con tono di voce sicuro e, come lui stesso era
solito dire, radiofonico. <<Lorenzo, tu non hai bisogno di studiare,
perché sai sempre come cavartela e girarci intorno senza mai cogliere il centro
dell’argomento. Almeno una volta rendimi felice, non imbastire il tuo
spettacolo e semplicemente sfoglia i libri>>. Ovviamente non ascoltai mai
i consigli del povero professore e all'esame di maturità riuscii ad ottenere
come voto Settanta, probabilmente solo grazie al mio parlare e straparlare. Il
consiglio fornitomi negli anni del liceo fu il primo di una lunga serie;
durante i corsi all'università soprattutto quelli della triennale, mi è stato
ripetuto questo discorsetto diverse volte. Diventavo sempre più bravo
mettendomi costantemente alla prova, ed ecco dove ero giunto. La doccia e il
caffè preparato da mia madre mi avevano totalmente risvegliato. Ero pronto. La
direzione che avevo sempre seguito per tanti anni adesso era la mia strada. Durante
le visite precedenti alla sede della radio, per pianificare i dettagli della
scaletta e per stabilire quale linea adottare per far si che fosse un programma
seguito da molti, mi ero sempre sentito come Alice nel paese delle meraviglie.
Tutto mi sembrava magico e quasi irreale, anche un semplice microfono che avevo
visto e usato tante volte diventava un oggetto proveniente da un altro mondo. Questa
volta era diverso, poiché si andava in scena.
Luigi Formola
Nessun commento:
Posta un commento