Un altro nome cancellato. Tutta la vita di Giorgio Angelozzi,
professore d’economia in pensione, era racchiusa in quelle pagine. Un cerchio
tratteggiato a matita definiva il nuovo obiettivo da raggiungere. Una linea
netta color morte, scalfita con forza con la penna d’oro che aveva avuto in
regalo da Anna, invece segnava l’eliminazione definitiva. Anna, una ragazza di
cui Giorgio era follemente innamorato, fu il primo nome a essere segnato sulla
sua agenda. Anna era anche ricca, e aveva fortificato l’animo bramoso del
giovane professore. Anna fu il primo nome a essere cancellato dalla lista. Ogni
nome depennato, una vittima depredata. Un’identità mascherata da una
professione rassicurante era il passepartout per alimentare la sua voglia di
accumulare denaro, oggetti e proprietà. Nel corso degli anni era riuscito ad
avvicinare nomi influenti, imprenditori e lussureggianti signore solitarie.
Giorgio aveva un potere: riusciva a mascherare il suo lato oscuro dietro un
volto da perfetto amante e amico di cui fidarsi ciecamente.
L’età non era stata clemente, e tutte le scelte fatte avevano
spinto Giorgio a essere un camaleonte sociale che sfugge agli occhi delle
autorità e del prossimo. La solitudine pesava sul suo cuore. Da grande
truffatore si era ridotto alla noiosa vita di un professore in pensione che
occupa il suo tempo leggendo manuali sulla terza età. Lo specchio mostrava
degli occhi ancora vivi e pieni di voglia di guardare dentro altre vite, altri
conti bancari, altri atti di proprietà. Le pagine stracolme di nomi cancellati
erano un ricordo che Giorgio legava alla sua anima e al suo portafogli. Era
malato, aveva tutto ciò che si può desiderare per trascorrere gli ultimi anni
di vita in serenità. Giorgio era dipendente dal verbo possedere, come una gazza
ruba tutto ciò che brilla in modo indistinto.
L’elenco fitto di contatti sull’agenda di Giorgio si era
ridotto soltanto a un indirizzo. Marco Fenice, ex-alunno e attuale direttore
del giornale “La città eterna”, un quotidiano romano. Marco, vent’anni prima
era stato l’unico a scoprire il segreto di Giorgio, l’anonimo professore che
passa inosservato tra la folla. Marco ammirava l’approccio economico alla vita
che il professore trasmetteva durante le sue lezioni. Eppure temeva che dietro
al suo sguardo vitreo e razionale ci fossero dei demoni che ballassero al ritmo
di qualche oscuro segreto. Divenne ossessionato dalla fallimentare vita privata
di Giorgio, il quale si presentava come un cinquantenne single e schivo. Marco
pedinava gli spostamenti del professore, il quale riusciva a nascondersi come
un’ombra nella notte senza lampioni a illuminare il sentiero. Bingo! Un piccolo
falso passo. Marco seguiva Giorgio ogni giorno. E trovò la sua risposta. Una
donna. Una signora ben in carne sulla sessantina che sembrava avere un titolo
nobiliare o giù di lì. Marco ebbe la sua risposta, e fugò le ombre
sull’identità del suo insegnante, un comunissimo essere umano con i suoi
segreti costellati di adulterio e trasgressione. Trascorsi alcuni mesi, Marco
aveva dimenticato la sua folle idea di un Serial killer che uccide con formule
economiche.
Tornò sui suoi passi. Di ritorno da un viaggio con alcuni
amici vide in stazione un volto che era ben impresso nella sua memoria.
Sdraiata su una panchina, dimagrita e visibilmente trasandata, giaceva la donna
che aveva visto in compagnia del suo professor Giorgio. Era ridotta a mendicare
e a vivere nell’atrio di una stazione. Marco si avvicinò, le offrì delle
banconote e le chiese il motivo per cui non tornasse a casa. Lacrime di
sofferenza solcavano il volto dell’anziana signora. Soffriva evidentemente d’amore
e riuscì soltanto a bisbigliare tra un singhiozzo e l’altro che le era stato
portato via ogni briciolo dei suoi averi. Dall’unico uomo che avesse mai amato,
aggiunse. Marco non aveva dubbi. Sapeva che il professore era il burattinaio
che aveva mosso i fili della vita della signora che si commiserava in uno
spettacolo pietoso. Il liceo era ormai terminato, Marco continuò a pedinare
Giorgio: aveva ripetuto per due volte per un periodo di sette/otto mesi il
copione del perfetto amante per poi sparire con il bottino. Marco non era il
boyscout che salva le povere vittime. Voleva guadagnarci un profitto personale
attraverso il ricatto. Si parò davanti al professore simulando una telefonata
alla polizia. Poche e definite parole. “un truffatore che camuffa la sua
attività come un professore solitario”. Giorgio aveva grande intuito e poca
forza fisica. Non poté reagire e stabili subito che non si sarebbe fermato.
Marco, quasi ventenne, era bramoso quasi quanto il suo professore. Un patto. Il
15% su ogni truffa portata a termine, e lui avrebbe potuto aiutarlo a scegliere
gli obiettivi più indicati per la tipologia della sua identità da amante
incantatore. Una stretta di mano. Netta. Marco divenne l’unico contatto non
depennabile dalla lista di Giorgio.
Squillò il telefono. Marco rispose. Gli affari con Giorgio
erano terminati cinque anni prima. Marco aveva scalato velocemente le posizioni
nella redazione in cui lavorava per la pagina economica. E divenne direttore.
Giorgio non era null’altro che un sassolino da cui liberarsi. Marco invece per
il professore era l’ancora di salvezza. Le lacrime di Giorgio tagliarono il
silenzio di una non risposta da parte di Marco. Non era intenzionato a tornare
ad aiutare un vecchio malato e incapace di portare al termine anche la truffa
nei confronti di bambini indifesi. Nonostante la determinazione di Marco,
fissarono un appuntamento. Giorgio era invecchiato notevolmente, come se il
denaro che non aveva sottratto ad altre persone in quegli anni reclamava la sua
parte strappando energie al vecchio professore. Marco non provò pietà. Sapeva
di quante vite distrutte erano state cancellate con una semplice linea sul
foglio di quell’agenda.
Avevano portato a termine tanti affari insieme, e Marco dopo
tanti anni ancora non capiva perché Giorgio avesse scelto di non liberarsi di
una presenza scomoda per i suoi piani. La risposta si palesò con un abbraccio.
Giorgio tra le lacrime aveva definito Marco, la persona più vicina a essere un
figlio. “Non voglio più soldi, voglio una famiglia”. Marco cercava di capire
quanto le parole del vecchio fossero sincere. Un truffatore non svela mai le
sue emozioni, e Marco credette che ogni singola parola pronunciata fosse vera.
L’età avanzata doveva avere ammorbidito le sue pretese che invece di oro cercavano
calore umano.
Marco decise di esporsi. Pubblicò sul suo quotidiano
l’annuncio di un anziano nonno in cerca di una famiglia che lo adottasse poiché
rimasto solo. Non poteva immaginare l’eco che ebbe la notizia di un nonno
solitario in cerca di famiglia. La storia di Giorgio, come le onde generate da
un sasso lanciato in uno stagno, era arrivata su ogni quotidiano d’Italia e
ogni trasmissione televisiva che porta in scena i sentimenti edulcorati.
Giorgio non aveva null’altro da perdere. Accetto il gioco dei
riflettori e proponeva la sua finta versione di una vita non vissuta. Tacendo
su tutti gli averi che erano nascosti in proprietà a lui intestate. Tacendo anche che da alcuni anni era malato
di diabete. Un male che corrodeva non solo la sua vita, ma soprattutto le sue
finanze per cure e visite mediche.
Era inimmaginabile che realmente una famiglia proponesse di
portare in casa un vecchio il quale nonostante fosse autosufficiente avrebbe
ridefinito il bioritmo dei membri familiari.
I Riva, una famiglia di Siprano, in provincia di Bergamo si
fecero avanti. Giorgio aveva trovato una famiglia. Di quelle moderne, che
avevano ottime possibilità economiche e con l’animo da buon samaritano, pronti
ad aiutare il prossimo.
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