martedì 21 ottobre 2014

L'ultimo nome della lista.

Un altro nome cancellato. Tutta la vita di Giorgio Angelozzi, professore d’economia in pensione, era racchiusa in quelle pagine. Un cerchio tratteggiato a matita definiva il nuovo obiettivo da raggiungere. Una linea netta color morte, scalfita con forza con la penna d’oro che aveva avuto in regalo da Anna, invece segnava l’eliminazione definitiva. Anna, una ragazza di cui Giorgio era follemente innamorato, fu il primo nome a essere segnato sulla sua agenda. Anna era anche ricca, e aveva fortificato l’animo bramoso del giovane professore. Anna fu il primo nome a essere cancellato dalla lista. Ogni nome depennato, una vittima depredata. Un’identità mascherata da una professione rassicurante era il passepartout per alimentare la sua voglia di accumulare denaro, oggetti e proprietà. Nel corso degli anni era riuscito ad avvicinare nomi influenti, imprenditori e lussureggianti signore solitarie. Giorgio aveva un potere: riusciva a mascherare il suo lato oscuro dietro un volto da perfetto amante e amico di cui fidarsi ciecamente.
L’età non era stata clemente, e tutte le scelte fatte avevano spinto Giorgio a essere un camaleonte sociale che sfugge agli occhi delle autorità e del prossimo. La solitudine pesava sul suo cuore. Da grande truffatore si era ridotto alla noiosa vita di un professore in pensione che occupa il suo tempo leggendo manuali sulla terza età. Lo specchio mostrava degli occhi ancora vivi e pieni di voglia di guardare dentro altre vite, altri conti bancari, altri atti di proprietà. Le pagine stracolme di nomi cancellati erano un ricordo che Giorgio legava alla sua anima e al suo portafogli. Era malato, aveva tutto ciò che si può desiderare per trascorrere gli ultimi anni di vita in serenità. Giorgio era dipendente dal verbo possedere, come una gazza ruba tutto ciò che brilla in modo indistinto. 
L’elenco fitto di contatti sull’agenda di Giorgio si era ridotto soltanto a un indirizzo. Marco Fenice, ex-alunno e attuale direttore del giornale “La città eterna”, un quotidiano romano. Marco, vent’anni prima era stato l’unico a scoprire il segreto di Giorgio, l’anonimo professore che passa inosservato tra la folla. Marco ammirava l’approccio economico alla vita che il professore trasmetteva durante le sue lezioni. Eppure temeva che dietro al suo sguardo vitreo e razionale ci fossero dei demoni che ballassero al ritmo di qualche oscuro segreto. Divenne ossessionato dalla fallimentare vita privata di Giorgio, il quale si presentava come un cinquantenne single e schivo. Marco pedinava gli spostamenti del professore, il quale riusciva a nascondersi come un’ombra nella notte senza lampioni a illuminare il sentiero. Bingo! Un piccolo falso passo. Marco seguiva Giorgio ogni giorno. E trovò la sua risposta. Una donna. Una signora ben in carne sulla sessantina che sembrava avere un titolo nobiliare o giù di lì. Marco ebbe la sua risposta, e fugò le ombre sull’identità del suo insegnante, un comunissimo essere umano con i suoi segreti costellati di adulterio e trasgressione. Trascorsi alcuni mesi, Marco aveva dimenticato la sua folle idea di un Serial killer che uccide con formule economiche.
Tornò sui suoi passi. Di ritorno da un viaggio con alcuni amici vide in stazione un volto che era ben impresso nella sua memoria. Sdraiata su una panchina, dimagrita e visibilmente trasandata, giaceva la donna che aveva visto in compagnia del suo professor Giorgio. Era ridotta a mendicare e a vivere nell’atrio di una stazione. Marco si avvicinò, le offrì delle banconote e le chiese il motivo per cui non tornasse a casa. Lacrime di sofferenza solcavano il volto dell’anziana signora. Soffriva evidentemente d’amore e riuscì soltanto a bisbigliare tra un singhiozzo e l’altro che le era stato portato via ogni briciolo dei suoi averi. Dall’unico uomo che avesse mai amato, aggiunse. Marco non aveva dubbi. Sapeva che il professore era il burattinaio che aveva mosso i fili della vita della signora che si commiserava in uno spettacolo pietoso. Il liceo era ormai terminato, Marco continuò a pedinare Giorgio: aveva ripetuto per due volte per un periodo di sette/otto mesi il copione del perfetto amante per poi sparire con il bottino. Marco non era il boyscout che salva le povere vittime. Voleva guadagnarci un profitto personale attraverso il ricatto. Si parò davanti al professore simulando una telefonata alla polizia. Poche e definite parole. “un truffatore che camuffa la sua attività come un professore solitario”. Giorgio aveva grande intuito e poca forza fisica. Non poté reagire e stabili subito che non si sarebbe fermato. Marco, quasi ventenne, era bramoso quasi quanto il suo professore. Un patto. Il 15% su ogni truffa portata a termine, e lui avrebbe potuto aiutarlo a scegliere gli obiettivi più indicati per la tipologia della sua identità da amante incantatore. Una stretta di mano. Netta. Marco divenne l’unico contatto non depennabile dalla lista di Giorgio.
Squillò il telefono. Marco rispose. Gli affari con Giorgio erano terminati cinque anni prima. Marco aveva scalato velocemente le posizioni nella redazione in cui lavorava per la pagina economica. E divenne direttore. Giorgio non era null’altro che un sassolino da cui liberarsi. Marco invece per il professore era l’ancora di salvezza. Le lacrime di Giorgio tagliarono il silenzio di una non risposta da parte di Marco. Non era intenzionato a tornare ad aiutare un vecchio malato e incapace di portare al termine anche la truffa nei confronti di bambini indifesi. Nonostante la determinazione di Marco, fissarono un appuntamento. Giorgio era invecchiato notevolmente, come se il denaro che non aveva sottratto ad altre persone in quegli anni reclamava la sua parte strappando energie al vecchio professore. Marco non provò pietà. Sapeva di quante vite distrutte erano state cancellate con una semplice linea sul foglio di quell’agenda.
Avevano portato a termine tanti affari insieme, e Marco dopo tanti anni ancora non capiva perché Giorgio avesse scelto di non liberarsi di una presenza scomoda per i suoi piani. La risposta si palesò con un abbraccio. Giorgio tra le lacrime aveva definito Marco, la persona più vicina a essere un figlio. “Non voglio più soldi, voglio una famiglia”. Marco cercava di capire quanto le parole del vecchio fossero sincere. Un truffatore non svela mai le sue emozioni, e Marco credette che ogni singola parola pronunciata fosse vera. L’età avanzata doveva avere ammorbidito le sue pretese che invece di oro cercavano calore umano.
Marco decise di esporsi. Pubblicò sul suo quotidiano l’annuncio di un anziano nonno in cerca di una famiglia che lo adottasse poiché rimasto solo. Non poteva immaginare l’eco che ebbe la notizia di un nonno solitario in cerca di famiglia. La storia di Giorgio, come le onde generate da un sasso lanciato in uno stagno, era arrivata su ogni quotidiano d’Italia e ogni trasmissione televisiva che porta in scena i sentimenti edulcorati.
Giorgio non aveva null’altro da perdere. Accetto il gioco dei riflettori e proponeva la sua finta versione di una vita non vissuta. Tacendo su tutti gli averi che erano nascosti in proprietà a lui intestate.  Tacendo anche che da alcuni anni era malato di diabete. Un male che corrodeva non solo la sua vita, ma soprattutto le sue finanze per cure e visite mediche.
Era inimmaginabile che realmente una famiglia proponesse di portare in casa un vecchio il quale nonostante fosse autosufficiente avrebbe ridefinito il bioritmo dei membri familiari.

I Riva, una famiglia di Siprano, in provincia di Bergamo si fecero avanti. Giorgio aveva trovato una famiglia. Di quelle moderne, che avevano ottime possibilità economiche e con l’animo da buon samaritano, pronti ad aiutare il prossimo. 

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